martedì 21 luglio 2009

04. Che cos'è la vita?

Che cos’è la vita? Per quanto strano possa sembrare, non abbiamo una risposta soddisfacente a questa domanda e, se non sappiamo che cos’è la vita, non possiamo nemmeno sapere se vi sia e quale sia il senso e lo scopo ultimo della nostra esistenza. Quello che noi oggi conosciamo della vita lo dobbiamo principalmente alla religione e alla scienza.

Cosa dice la religione?
I modelli di conoscenza forniti dalle religioni sono tanti quante le religioni stesse: gli antichi egizi credono in una nuova esistenza dopo la morte; gli ebrei sostengono che un giorno i loro corpi risorgeranno e loro, divenuti immortali, assumeranno la signoria sulla terra in eterno; i cristiani credono che il senso della vita di un individuo sia quello di poter contemplare Dio dopo la morte e per l’eternità; i musulmani sognano un edonismo illimitato; i buddisti inseriscono la vita in un complesso ciclo di morti e rinascite, che tende verso l’ingresso dell’individuo in una indefinita sfera spirituale. Se ci riflettiamo bene, nessuna di queste risposte è veramente chiara ed esauriente. Tutte, infatti, rimandano a qualcos’altro e nessuna spiega come e quale sarà il reale significato di quella nuova vita (la vera vita) che farebbe seguito alla morte. Né ci aiuta molto la concezione di vita come “dono” di Dio, perché vorremmo sapere in che consista precisamente questo dono, quale sia il suo significato e il suo scopo ultimo, se all’uomo sia concessa la facoltà di rifiutarlo, sé è lecito parlare di dono anche per chi subisce la vita come un fardello insostenibile, e tante altre cose, sulle quali non possiamo avere altro che risposte vaghe e indeterminate.

Cosa dice la scienza?
Quali sono le nostre conoscenze scientifiche sulla vita? Già prima di Darwin era noto che “i primi stati embrionali di tutti i vertebrati (pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi) si assomigliano a tal punto che è difficile distinguerli” (STANLEY 1982: 47). Successivamente è stato scoperto che tutti gli esseri viventi sono composti da quattro principali elementi chimici (carbonio, ossigeno, idrogeno e azoto) e da quattro tipi di macromolecole (protidi, lipidi, glicidi e acidi nucleici). Oggi sappiamo che “con tutta probabilità ogni forma di vita si è evoluta da un solo tipo di DNA apparso sulla terra all’alba dei tempi” (GRIBBIN, CHERFAS 1984: 40). Ciò depone a favore di un punto d’inizio comune di tutte le forme di vita, ma non spiega ancora che cosa sia la vita stessa.
La scienza spiega la vita attraverso il DNA, ma non sa dire se il DNA sia causato (e da cosa o da chi?) e se abbia un senso. Essa si limita a descrivere il substrato e le manifestazioni della vita. Secondo la scienza, l’uomo è solo una macchina fisico-chimica imperfetta capace di svolgere funzioni, a patto di operare in certe condizioni di temperatura, spazio, luce e pressione atmosferica, e a patto di disporre di adeguate risorse ambientali, necessarie ad alimentare le funzioni stesse, ma soggetta a malfunzionamenti, malattie, invecchiamento e morte. La scienza sa che la materia vivente “è formata da oggetti fisici, ossia gli atomi, per i quali valgono le leggi che governano l’intera natura, ossia le leggi della fisica” (STAGUHN 2004: 50). La scienza sa anche che “gli esseri viventi sono macchine molecolari” (STAGUHN 2004: 50) e che “vita non significa altro che scambio di informazioni fra macromolecole organiche” (STAGUHN 2004: 48). La scienza stabilisce che “ogni essere vivente sia unicellulare che pluricellulare è quello che è, con le sue peculiari caratteristiche, in base a quanto è fissato e prescritto nel codice genetico” (CHIARELLI 1983: 286).
Il genoma è come una grande enciclopedia contenuta all’interno del nucleo di ogni cellula, nella quale sono tracciati i caratteri fisici e psichici di un individuo. “Questa enciclopedia è scritta su una carta chiamata DNA, ed è suddivisa in volumi chiamati cromosomi, che sono nell’uomo 23. Di ogni volume ci sono due copie identiche, salvo errori di stampa, e ciascuno contiene centinaia o migliaia di capitoli, chiamati geni. Ogni capitolo si compone di sezioni di storie, dette esoni, intervallati da annunci pubblicitari, chiamati introni, che nei batteri sono assenti, ma nell’uomo (c’era da dubitarne?) costituiscono la quasi totalità del capitolo. Ogni storia è scritta in parole di tre lettere, chiamate codoni, tratte da un alfabeto di quattro lettere, chiamate basi” (ODIFREDDI 2005: 305). Oggi conosciamo i 30-40 mila geni contenuti nel DNA, ma non conosciamo “quali compiti svolgano i singoli geni” (STAGUHN 2004: 143). Sappiamo però che ogni gene “non è altro che un elenco di istruzioni per la produzione di una determinata proteina”, la quale veicola le istruzioni che presiedono alle funzioni cellulari e stabiliscono il colori degli occhi o la forma del naso (STAGUHN 2004: 56).
Per decifrare bene la vita potrebbe, dunque, non essere sufficiente la conoscenza del corredo genetico: occorrerebbe anche conoscere il corredo proteico (proteoma) e il suo intrinseco funzionamento, ma questa impresa è, al momento, ritenuta impossibile (STAGUHN 2004: 77) e, comunque, non si sa dove ci potrebbe portare. Potrà sembrare poco, ma questo è quanto sa dirci la scienza sulla vita. Essa indaga e scopre tante verità particolari, studia e analizza i comportamenti degli esseri viventi, descrive gli innumerevoli aspetti in cui la vita si manifesta, ma poi non riesce a comprendere che cosa sia la vita in se stessa.

Conclusioni
Alla fine, non ci resta che allargare le braccia e ammettere, con Staguhn, che sulla vita “non esiste a tutt’oggi alcuna risposta scientifica valida” (2004: 25). Per quanto tautologico possa sembrare, oggi non possiamo fare di meglio che affermare che la vita è l’individuo vivente. Insomma, il concetto di vita rimanda a quello di individuo, così come il concetto d’individuo rimanda a quello di vita e, alla fine, quello che si crea è un sistema circolare e autoreferenziale, che spiega se stesso. La causa di ciò è da ricercare nella nostra ignoranza. Per quanto ci sforziamo di accedere alle verità ultime, alla fine arriviamo a qualcosa che spiega se stessa, vale a dire all’ammissione di una nostra ignoranza assoluta. Ma così è, e allora, se vogliamo parlare di vita, non possiamo far altro che parlare dell’individuo e di noi stessi, e ammettere che, in fondo, la vita consiste nella continua ricerca di trovare una risposta ai nostri molteplici bisogni. La vita è quella che è. La vita è respirare, muoversi, mangiare, dormire, sognare, fare sesso, provare emozioni, amare, affrontare le sfide, lottare, costruire, innovare, creare, formare gruppi, fare progetti, pensare, lavorare e tante altre cose ancora. La vita è la nostra vita.
Non sappiamo dunque cos’è la vita! Sappiamo almeno se la vita ha uno scopo? “L’uomo vive soltanto per vivere, e non vi è per lui scopo o significato diverso da questo? Oppure è chiamato a partecipare alla costituzione del migliore degli universi possibili?” (DOBZHANSKY 1981: 117). Purtroppo, anche in questo caso la risposta non può essere che negativa, perché, se non sappiamo cos’è la vita, non possiamo nemmeno sapere se essa ha uno scopo. Non sappiamo se ci stiamo dirigendo verso una meta o se ci stiamo muovendo a caso. Certo, dispiace ammettere la nostra ignoranza, ma dispiace anche rifugiarsi in risposte consolatorie e di comodo, solo per poter proclamare la nostra illusione.

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